Museo Arte Sacra
Ultima modifica 15 ottobre 2024
Dalla sagrestia della Chiesa madre si accede alla cripta dove è esposto il tesoro. La prima sistemazione del tesoro si deve all’arciprete Don Isidoro Giaconia e alla prof.ssa Lucia Ajovalasit Columba. Nel 1995 si è proceduto ad un riordino dei materiali e ad una nuova esposizione promossa dall’Assessore alla cultura Beniamino Macaluso, voluta da Don Gaetano Scuderi e curata dalla prof.ssa Maria Concetta Di Natale che, adottando il criterio espositivo cronologico, consente al visitatore di notare come attraverso i secoli cambino tipologie e stili.
Nel tesoro sono esposti tutte le più importanti suppellettili liturgiche d’argento della Chiesa Madre di Geraci, nonché numerosi pregevoli paramenti sacri finemente ricamati. Ricerche d’archivio hanno fornito ulteriori notizie su questi tesori d’arte. Già nel 1499 si ha notizia che un certo Giuliano Cuchi lascia ben cinquanta onze per l’acquisto di una “casubula” per la Madrice. Così risulta da uno dei primi inventari dei beni mobili delle Chiese di Geraci Siculo del 1576 redatto da Pietro Albanese e Pietro Di Fazio procuratori della Chiesa di S. Stefano che tra le suppellettili liturgiche di questa Chiesa si trova una mano d’argento con la reliquia e la palma d’argento, nonché “tri calici dui di argento e uno con li pedi di ramo con soi patene”. Un inventario del 1584 redatto dall’arciprete Antonio Scacciaterra, elenca i beni mobili della Chiesa Madre, del Monte di Pietà e delle Chiese di S. Maria La Porta, di S. Bartolomeo, di S. Stefano e di S. Giacomo. Merita di essere menzionato un calice del 1506 realizzato dall’argentiere palermitano Iacobo de Landi. Un altro inedito documento del 1586 permette di rilevare che il frate francescano P.Antonio Granata consegna una reliquia di San Bartolomeo al marchese di Geraci Giovanni Ventimiglia. Dagli inventari effettuati dai procuratori pro-tempore, si può dedurre come la storia delle suppellettili liturgiche d’argento, dei volumi membranacei, dei paramenti sacri della Chiesa Madre e delle diverse Chiese di Geraci è legata a quella dei diversi arcipreti succedutosi nel tempo. (la descrizione degli inventari ci fornisce senza volerlo date, autori, materia e prezzo delle sculture lignee, degli argenti, degli stucchi, delle opere in ferro battuto, dei parati sacri, degli edifici, degli organi a canne, dei libri liturgici etc.). Interessante è stato il rinvenimento di una carta tardo-duecentesca con l’accattivante figura di un imperatore. La carta contiene il testo tra la fine del X libro e l’inizio dell’XI del “Codex Iustinianeus. La figura di Giustiniano è rappresentata nei modi usuali della miniatura di età tardo-federiciana.
Tra le opere più significative è l’ostensorio d’argento dorato, finemente sbalzato, cesellato e inciso, con teca in cristallo di rocca, dalla base polilobata, tipica dell’epoca, ornata da smalti policromi, opera dell’orafo toscano Pino di San Martino da Pisa del XIV secolo. In origine doveva trattarsi di un reliquario, trasformato in seguito in ostensorio, donato da Francesco Ventimiglia, conte di Geraci, come attesta l’iscrizione: “Hoc opus fecit fieri magnificus et potens Franciscus de Ventimilia comes, hoc opus fecit Pinus Santi Martini de Pisis”.
Sono poi presenti nel tesoro, tra le opere più caratteristiche, diversi calici quattro-cinquecenteschi della tipologia definita da Maria Accascina “madonita”, caratterizzati da base polibata e carnose foglie di cardo sotto la cappa, alcuni recanti il più antico marchio della maestranza degli orafi e argentieri di Palermo l’aquila con ali a volo basso e la scritta RUP (Regia Urbs Panormi).
Si ricorda ancora il reliquario architettonico che culmina con la figura di San Bartolomeo patrono di Geraci, opera di argentiere palermitano del XVI secolo caratterizzato da guglie e pinnacoli goticheggianti, come quello di san Giuliano dell’omonimo monastero.
Pure a maestro palermitano si deve il repositorio datato 1520 che reca l’immagine del Cristo in Pietà tra due angeli.
Tra gli altri reliquiari cinquecenteschi, sempre dovuti ad abili argentieri palermitani, sono quello del legno della croce, ove il Cristo è posto tra le figure dei dolenti site su due candelabri laterali e quelli antropomorfi, a forma di mano, in riferimento alla reliquia che contengono, dei Santi Bartolomeo, Stefano e Lorenzo. Tra i reliquiari seicenteschi si ricordano quelli floreali di Santa Rosalia e di San Sebastiano, dovuti a maestri palermitani, come pure la Pace raffigurante Cristo Risorto tra l’Immacolata e san Bartolomeo del 1653. Nel tesoro sono ancora suppellettili liturgiche barocche e rococò tra cui emergono taluni ostensori a raggiera come quello del 1784, dovuto ad argentiere messinese, che reca alla base le simboliche figure delle virtù teologali: Fede, Speranza e Carità. Sono pure esposti alcuni gioielli siciliani, donati dai fedeli come ex-voto ai Santi protettori. Il panorama si conclude con l’argenteria sacra del periodo neoclassico.
****************************
Museum of sacred art
From the sacristy of the Mother Church there is access to the crypt where the treasure is displayed. The first arrangement of the treasure is due to archpriest Don Isidoro Giaconia and Prof. Lucia Ajovalasit Columba. In 1995 there was a reorganization of the materials and a new exhibition promoted by Cultural Councillor Beniamino Macaluso, desired by Don Gaetano Scuderi and curated by Prof. Maria Concetta Di Natale, which, by adopting the chronological exhibition criterion, allows the visitor to notice how types and styles change through the centuries.
On display in the treasury are all the most important silver liturgical furnishings of the Mother Church of Geraci, as well as numerous valuable finely embroidered sacred vestments. Archival research has provided additional information about these art treasures. As early as 1499 there is news that a certain Giuliano Cuchi left as much as fifty onze for the purchase of a "casubula" for the Madrice. Thus it appears from one of the earliest inventories of the movable property of the Churches of Geraci Siculo of 1576 compiled by Pietro Albanese and Pietro Di Fazio procurators of the Church of S. Stefano that among the liturgical furnishings of this Church is to be found a silver hand with a silver relic and palm, as well as "tri calici dui di argento e uno con li pedi di ramo con soi patene." A 1584 inventory compiled by Archpriest Antonio Scacciaterra lists the movable property of the Mother Church, Monte di Pietà and the Churches of S. Maria La Porta, S. Bartolomeo, S. Stefano and S. Giacomo. Worth mentioning is a chalice from 1506 made by Palermo silversmith Iacobo de Landi. Another unpublished document from 1586 makes it possible to note that the Franciscan friar Fr. Antonio Granata delivered a relic of St. Bartholomew to the marquis of Geraci Giovanni Ventimiglia. From the inventories made by the pro-tempore procurators, it can be deduced how the history of the silver liturgical furnishings, membranous volumes, and sacred vestments of the Mother Church and the various Churches of Geraci is linked to that of the various archpriests who succeeded one another over time. (The description of the inventories unintentionally gives us dates, authors, subject matter and price of the wooden sculptures, silverware, stucco, wrought iron works, sacred vestments, buildings, pipe organs, liturgical books etc.). Interesting was the discovery of a late twentieth-century paper with the eye-catching figure of an emperor. The paper contains the text between the end of Book X and the beginning of Book XI of the "Codex Iustinianeus. The figure of Justinian is depicted in the usual manner of the miniature of the late Frederician age.
Among the most significant works is the gilded silver monstrance, finely embossed, chiseled and engraved, with a rock crystal shrine, with a poly-lobed base, typical of the period, decorated with polychrome enamels, the work of the 14th-century Tuscan goldsmith Pino di San Martino da Pisa. Originally it must have been a reliquary, later transformed into a monstrance, donated by Francesco Ventimiglia, count of Geraci, as the inscription attests: "Hoc opus fecit fieri magnificus et potens Franciscus de Ventimilia comes, hoc opus fecit Pinus Santi Martini de Pisis."
Then there are in the treasury, among the most characteristic works, several fifteenth- and sixteenth-century chalices of the type defined by Maria Accascina as "madonita," characterized by a polybate base and fleshy thistle leaves under the hood, some bearing the oldest mark of the maestranza of goldsmiths and silversmiths of Palermo the eagle with low-flying wings and the inscription RUP (Regia Urbs Panormi).
Also of note is the architectural reliquary culminating in the figure of St. Bartholomew, patron saint of Geraci, the work of a 16th-century Palermo silversmith characterized by Gothic spires and pinnacles, like that of St. Julian of the monastery of the same name.
Also to a palermitan master is the repository dated 1520 that bears the image of Christ in Pieta between two angels.
Other 16th-century reliquaries, again due to skilled Palermo silversmiths, include that of the wood of the cross, where Christ is placed between the figures of the mourners located on two side candelabra, and the anthropomorphic, hand-shaped ones, in reference to the relic they contain, of Saints Bartholomew, Stephen and Lawrence. Seventeenth-century reliquaries include the floral ones of St. Rosalie and St. Sebastian, due to masters from Palermo, as well as the Peace depicting the Risen Christ between the Immaculate and St. Bartholomew from 1653. Still in the treasury are Baroque and Rococo liturgical furnishings among which certain sunburst monstrances stand out, such as the one from 1784, due to a Messina silversmith, which bears at its base the symbolic figures of the theological virtues: Faith, Hope and Charity. Also on display are some Sicilian jewelry, donated by the faithful as ex-votos to the patron saints. The panorama concludes with sacred silverware from the neoclassical period.