Cenni Economici e Finanziari
Ultima modifica 17 ottobre 2024
Nonostante la perdita della centralità politica e amministrativa, Geraci continua a essere il centro del potere economico dei Ventimiglia; i quali considerano l’espansione territoriale un fatto di primaria importanza. Si riscontra, infatti, una politica di accentramento dei “marcati” soprattutto se confinanti o vicini al feudo centrale che è Geraci.
Il che è evidente guardando le permute che avvengono dal 1330 al 1380, attraverso le quali i Ventimiglia scambiano territori lontani per concentrarli attorno a Geraci. Sicchè il quadro che ne deriva è quello della creazione di un grosso “stato” nella zona delle Madonie, che costituisce il nucleo centrale del loro potere economico.
Accanto a questa tendenza vi è quella di procurarsi territori che consentano l’accesso alle coste e quindi lo sbocco al mare.
Lo Stato delle Madonie già nel 1322 arriva da un lato a Gangi, Sperlinga e Regalgiovanni e verso Nord tocca il Tirreno fino a Caronia, Tusa alla Marina di Pollina e Roccella, con pochissime enclave in potere di altre famiglie feudali. Oltre ai centri abitati la Contea di Geraci, in quegli anni, contiene Petralia Superiore e Inferiore, Fisauli, San Mauro, Ypsigro, Gratteri, Castelluccio, Montemaggiore e Bilici. Verso Ovest si configura confinato da montagne a picco poste a guardia delle fiumare.
Cosicchè il gruppo delle Madonie costituisce una “frattura” tra le due Sicilie, quella occidentale e quella orientale. Il dominio madonita appare caratterizzato da una forte omogeneità geografica e da una notevole varietà produttiva (grano, pascoli, riserve boschive).
I Conti di Geraci avevano a Termini Imerese, magazzini portuali che gli consentivano lo sbocco marittimo della loro produzione.
Nel 1283 Geraci contava circa 100 fuochi (case). Nel 1322 la Contea forniva una rendita in cereali di circa 3000 salme (unità di misura), fra frumento e orzo; 1000 onze in denaro; 13 mandrie (ovini, Bovini, suini), vigne, oliveti etc. Nel 1336 produceva una rendita di 1500 onze (moneta) circa il 7% dell’intero reddito feudale del Regno.
La Contea era amministrata da “curatoli e Camerari”.
I Ventimiglia ebbero una politica capace di assicurare lo sviluppo e il controllo delle zone demaniali.
Per quasi tutto il 1400 l’interno della Sicilia appare abbandonato alla pastorizia, nelle mani di grossi allevatori dei Nebrodi e delle Madonie.
Nella seconda metà del ‘400, grazie ad una maggiore utilizzazione delle fasce costiere e dell’entroterra immediato, l’agricoltura era riuscita meglio della pastorizia a soddisfare le esigenze alimentari causate dall’incremento demografico. Ma nelle zone interne, ancora tra la fine del medioevo e l’inizio dell’età moderna, la granicoltura stentava a decollare, per scarsa mano d’opera, prezzi bassi, costi del trasporto molto esosi, crisi del patrimonio bovino, contrasti tra contadini e pastori etc. Solo verso la fine del XV secolo questi rapporti cominciarono a modificarsi. L’aumento della popolazione e il venir meno di alcune condizioni portarono le zone interne e la Sicilia ad una maggiore produzione. Nell’ultimo decennio del 1500 si apre la crisi economica. Già nella seconda metà del ‘400 i Ventimiglia cominciano ad avere problemi finanziari. Nella metà del ‘500 pagavano soggiogazioni e rendite per 2000 onze l’anno che arrivarono a 5000 nel 1566. La crisi porta alla vendita di molti feudi, sino ad arrivare alla costituzione della “Deputazione degli stati”; un Istituto sorto nel 1598 per l’amministrazione dei patrimoni feudali dissestati nell’interesse dei creditori. La colpa di questi dissesti è da attribuire al “Contratto di soggiogazione”, perchè consentiva al ceto feudale di gravare il proprio patrimonio di rendite passive evitandone l’alienazione. Una serie di balzelli nobiliari condussero la feudalità alla crisi profonda (doti di paraggio pagate alle sorelle e figlie, rendite di vita e milizie a favore dei cadetti etc.).
Agli inizi del 1500 nella Val Demone c’era una notevole produzione di olio, e risale a quel periodo la nascita degli immensi uliveti del marchesato di Geraci tra le province di Palermo e Messina. La cosiddetta proprietà promiscua.
Per il Sonnino, la causa della proprietà promiscua era dovuta al fatto che nei secoli scorsi il Marchese allo scopo di arricchire la città e le terre, e per attirarvi maggiore popolazione, dava il permesso a chiunque di innestare gli oleastri e di fare proprie le piante di ulivo.
Lo Sciajno Invidiata fa risalire alla seconda metà del 1500 la data delle prime concessioni per l’innesto di oleastri e ritiene che esse siano la conseguenza di una nuova legislazione. Il Parlamento del 1566 aveva lamentato la penuria di olio di cui soffriva il Regno di Sicilia e ne aveva indicato la causa nell’indiscriminato abbattimento degli alberi di ulivo perchè infruttuosi. Il Vicerè De Toledo vieta qualsiasi intervento sugli ulivi. Successivamente Don Carlo D’Aragona con una nuova “prammatica”, permette il taglio e la rimonda con l’obbligo dell’innesto degli ulivi entro due anni dall’intervento pena il pagamento di 50 onze di ammenda. Ciò secondo lo Sciajno Invidiata avrebbe convinto il Marchese di Geraci a permettere a chiunque avesse pagato un censo l’innesto di oleastri. Si costituirono così gli immensi uliveti che ancora oggi si possono ammirare nel triangolo che ha per vertice Geraci, Castelbuono e San Mauro Castelverde. Nel 1598 il Marchese di Geraci diventato presidente del Regno, adducendo abbondanza di olio, abrogò le prammatiche precedenti e ne promulgò una sua con la quale permetteva ai padroni di tagliare in tutto o in parte gli alberi di ulivo nella sola Val Demone (con esclusione del distretto di Messina, dove egli possedeva i più estesi uliveti dell’Isola). Oltre a pagare un censo annuo sugli ulivi i coltivatori erano costretti, per il “diritto dei nozzoli” a molire il prodotto esclusivamente nei trappeti del signore, cosicchè le ulive già macerate e messe sotto il torchio non dovevano ricevere che tre colpi di pressione per cacciare parte dell’olio e quindi tutto il rimanente rimaneva a suo vantaggio.
Nel 1785 con il Vicerè Caracciolo fu abolito il diritto dei nozzoli, ma fu subito ripristinato nel 1786 da Caramanico. Solo nel 1811 la vertenza fu decisa a favore dei coltivatori. Nel 1700 gli oleastri venivano innestati per conto del Marchese che si serviva di operai salariati.
Nel 1526 Simone I riscattò da A. Larcan la Baronia di Castel di Lucio che Giovanni III Ventimiglia vendette a G.B.Cluvello nel 1569. Tutto questo giro di vendite e compere danno il senso della forte crisi economica e finanziaria in cui versava la Contea e con essa la famiglia Ventimiglia.
Il 16 marzo 1600 troviamo Geraci e i Ventimiglia nella “Deputazione” perchè gravemente onerata. (memoriale del gabelloto A.Battaglia).
Nel 1661 il Marchese Giovanni IV esponeva alla Corona le gravi condizioni finanziarie in cui versava, per cui intervenne una disposizione regia del 1669 che sospendeva le vendite dello Stato di Geraci, che passava sotto il controllo della Gran Corte di Sicilia.
I dati del 1676 mostrano un marchesato in declino, ingabellato per 6360 onze. Nel 1759 il territorio di Geraci era amplissimo e magnifico di uliveti, vigne, selve di frassino etc. Si produceva la manna e gli ortaggi abbondavano. C’erano boschi a nutrire i celeberrimi castrati, come oggi e come ai tempi del grande geografi “Idrisi” che nel libro di Ruggero ci presenta Geraci come un Borgo spazioso che produceva molta frutta e aveva campi seminativi ben coltivati. Vivevano qui pastori e contadini in numero oscillante tra i 3000 e i 4000 abitanti. Nel XIX secolo il crollo fu innegabile.
Nell'immagine: Illuminato Prisinzano, Pianta del territorio di Geraci, particolare dell'abitato, metà del XIX secolo (da "Le mappe del catasto borbonico in Sicilia ...", Palermo 2001, p. 127, n. 36).
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Economic and financial notes
Despite the loss of political and administrative centrality, Geraci continued to be the center of economic power of the Ventimiglias; who considered territorial expansion to be of primary importance. One finds, in fact, a policy of centralizing the "marcati" especially if they bordered or were close to the central fiefdom that was Geraci.
Which is evident by looking at the permutations that take place from 1330 to 1380, through which the Ventimiglias exchange distant territories to concentrate them around Geraci. So that the resulting picture is that of the creation of a large "state" in the Madonie area, which constitutes the core of their economic power.
Alongside this tendency is the tendency to procure territories that would allow access to the coast and thus an outlet to the sea.
As early as 1322, the State of the Madonie reached Gangi, Sperlinga and Regalgiovanni on one side and northward touched the Tyrrhenian Sea as far as Caronia, Tusa at Marina di Pollina and Roccella, with very few enclaves in the power of other feudal families. In addition to the towns the County of Geraci, in those years, contains Petralia Superiore and Inferiore, Fisauli, San Mauro, Ypsigro, Gratteri, Castelluccio, Montemaggiore and Bilici. Toward the west it is configured confined by sheer mountains set to guard the torrents.
So that the Madonie group constitutes a "fracture" between the two Sicilies, the western and the eastern. The Madonite domain appears to be characterized by a strong geographic homogeneity and considerable productive variety (grain, pastures, forest reserves).
The Counts of Geraci had in Termini Imerese, port warehouses that allowed them a sea outlet for their production.
In 1283 Geraci had about 100 fires (houses). In 1322 the county provided an annuity in grain of about 3000 salme (units of measurement), including wheat and barley; 1000 onze in money; 13 herds (sheep, Cattle, pigs), vineyards, olive groves etc. In 1336 it produced an income of 1500 onze (coin) about 7 percent of the entire feudal income of the Kingdom.
The county was administered by "curatoli and Camerari."
The Ventimiglias had a policy capable of ensuring the development and control of the state-owned areas.
Throughout most of the 1400s the interior of Sicily appeared abandoned to pastoralism, in the hands of large ranchers from the Nebrodi and Madonie mountains.
By the second half of the 1400s, thanks to greater use of the coastal strips and the immediate interior, agriculture had succeeded better than sheep farming in meeting the food needs caused by population growth. But in inland areas, still in the late Middle Ages and early modern age, graniculture struggled to take off, due to scarce labor, low prices, very exorbitant transportation costs, cattle herd crisis, contrasts between farmers and shepherds etc. Only towards the end of the 15th century did these relations begin to change. The increase in population and the lack of certain conditions led the inland areas and Sicily to greater production. In the last decade of the 1500s the economic crisis opened. As early as the second half of the 1400s the Ventimiglias began to have financial problems. In the mid-1500s they were paying subjugations and annuities of 2,000 onze a year, which reached 5,000 in 1566. The crisis led to the sale of many fiefs, eventually leading to the establishment of the "Deputation of the States"; an institute that arose in 1598 for the administration of dissested feudal estates in the interests of creditors. The "Contract of Subjugation" was to blame for these disruptions, because it allowed the feudal class to encumber their estates with passive rents while avoiding their alienation. A series of aristocratic levies led feudalism into deep crisis (parage dowries paid to sisters and daughters, life annuities and militias in favor of cadets etc.).
In the early 1500s there was considerable oil production in the Demone Valley, and the emergence of the immense olive groves of the marquisate of Geraci between the provinces of Palermo and Messina dates back to that period. The so-called promiscuous property.
For Sonnino, the cause of promiscuous property was due to the fact that in past centuries the Marquis in order to enrich the city and the lands, and to attract more population to it, gave permission to anyone to graft oleasters and make olive trees their own.
Sciajno Invidiata dates the first concessions for grafting oleasters to the second half of the 1500s and believes they were the consequence of new legislation. The Parliament of 1566 had lamented the shortage of oil from which the Kingdom of Sicily suffered and pointed to the cause in the indiscriminate felling of olive trees because they were unfruitful. Viceroy De Toledo forbade any intervention on the olive trees. Subsequently Don Carlo D'Aragona with a new "prammatica," allowed the cutting down and replanting with the obligation of grafting the olive trees within two years of the intervention under penalty of paying a 50 onze fine. This according to Sciajno Invidiata convinced the Marquis of Geraci to allow anyone who paid a census to graft oleasters. Thus were formed the immense olive groves that can still be admired today in the triangle whose vertex is Geraci, Castelbuono and San Mauro Castelverde. In 1598 the Marquis of Geraci who had become president of the Kingdom, citing abundance of oil, abrogated the previous prammatics and promulgated one of his own by which he allowed masters to cut down all or part of the olive trees in the Val Demone alone (excluding the district of Messina, where he owned the most extensive olive groves on the island). In addition to paying an annual census on the olive trees, the growers were obliged by the "right of the nozzoli" to mill the product exclusively in the lord's trappeti, so that the olives already macerated and put under the press only had to receive three strokes of pressure to expel part of the oil, and thus all the remainder remained for his benefit.
In 1785 under Viceroy Caracciolo the right of nozzoli was abolished, but it was immediately restored in 1786 by Caramanico. Only in 1811 was the dispute decided in favor of the growers. In 1700 oleasters were grafted on behalf of the Marquis, who used salaried laborers.
In 1526 Simon I redeemed from A. Larcan the Barony of Castel di Lucio, which John III Ventimiglia sold to G.B.Cluvello in 1569. All this round of sales and purchases give a sense of the severe economic and financial crisis in which the county and with it the Ventimiglia family was in.
On March 16, 1600 we find Geraci and the Ventimiglias in the "Deputation" because they were severely burdened. (memorial of the gabelloto A.Battaglia).
In 1661 Marquis John IV exposed to the Crown the serious financial conditions he was in, so a royal provision of 1669 intervened, suspending the sales of the State of Geraci, which came under the control of the Grand Court of Sicily.
Data from 1676 show a declining marquisate, encumbered for 6360 onze. In 1759 the territory of Geraci was vast and magnificent with olive groves, vineyards, ash forests etc. Manna was produced and vegetables abounded. There were woods to feed the celebrated castrati, as today and as in the days of the great geographer "Idrisi," who in Roger's book presents Geraci to us as a spacious village that produced much fruit and had well cultivated arable fields. Shepherds and peasants lived here in numbers ranging from 3,000 to 4,000. In the 19th century the collapse was undeniable.
Pictured: Illuminato Prisinzano, Plan of the territory of Geraci, detail of the village, mid-19th century (from "Le mappe del catasto borbonico in Sicilia ...", Palermo 2001, p. 127, no. 36).